La Basilicata non può più aspettare. Il declino e la speranza descritti da Leonardo Cuoco
C’è
un libro che non aspetterei un minuto, se fosse nella mia disponibilità, ad adottare
come testo di studio alla Facoltà di Economia dell’Università di Basilicata. Si
tratta del volume di Leonardo Cuoco,
edito da Ermes (Gennaio, 2020) dal titolo “Il declino e la speranza” – “La
difficile transizione dalla dipendenza all'autonomia”.
Partiamo da un punto di vista che è ben descritto nella
presentazione al testo da Gianpiero
Perri, che di Cuoco è stato allievo, mentre oggi gli è associato, in una
collaborazione feconda che dura ormai da 25 anni. Scrive Perri: “Nel panorama
editoriale del Mezzogiorno la voce di Leonardo Cuoco, studioso di economia nel
campo della programmazione economica e delle politiche di sviluppo, rappresenta
un punto di vista maturato sul campo, nel confronto diretto con le problematiche territoriali,
con i diversi portatori di interessi, con i decisori politici... Ancor di più
oggi. In una fase di transizione politica dove una ripartenza appare possibile”.
Il libro è una ricchezza inesauribile di fonti, di
dati, di cifre. E’ anche un documento di storia economica della Basilicata. Paolo Albano, da osservatore attento della realtà che lo circonda e da raffinato animatore
culturale, nella sua post fazione parla della “rabbia e del coraggio” di
Leonardo Cuoco. Colloca questo volume sul piano di una proposta fortemente
alternativa al pensiero dominante.
L’autore ripercorre le trasformazioni economiche,
sociali e territoriali della regione dagli anni del secondo dopoguerra ad oggi.
Attenzione, si tratta di un’analisi non solo di una narrazione. In successione
leggerete di obiettivi, di sviluppo, di rallentamento, di stagnazione e
declino, delle tendenze in atto e dei rischi di irreversibilità alla decadenza cui la Basilicata potrebbe
essere sottoposta. Lo studioso è pragmatico. Rende esplicita la curva del
declino. Pone i temi, anche quelli più severi, ma non rinuncia mai ad offrire
soluzioni. Soprattutto nella difficile transizione dalla dipendenza
all'autonomia. Viene messa a nudo l’attuale condizione, gli errori nelle scelte
nazionali e regionali degli ultimi decenni, ma nel contempo Cuoco indica una
strada, forse l’unica possibile allo stato di impoverimento dove sembrano
scivolare sempre più la Basilicata e le regioni meridionali.
L’ambizione di questo libro, devo confessarlo ai miei
lettori, è sempre stata anche la costante del mio lungo impegno politico. Il
destino non è mai irreversibile. Penso a Benedetto
Croce. La storia ha un senso se la si legge filologicamente, non
settorialmente, o banalmente in maniera congiunturale. Molti osservatori, molta
dell’attuale classe politica, anche importanti centri di ricerca e di studi
sociali ed economici, restano fermi alla cura dei sintomi, ad analisi parziali
ed emotive, a vecchie letture ideologiche spesso centraliste se non, appunto,
assistenziali (il modello della dipendenza). Leonardo Cuoco ci descrive la
necessità di riscrivere le priorità, sviluppa un’analisi di lungo periodo
dell’andamento dell’economia e della società. Descrive i fattori di interdipendenza
territoriale ed economica.
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Lo spopolamento. Tema centrale nella crisi economica della Basilicata e delle aree interne |
Ma quali sono, a giudizio dell’autore, le patologie da
sanare. In primis indica il declino demografico e conseguentemente i rischi di
irreversibilità (un termine che torna spesso) della desertificazione delle aree
interne. La questione demografica e dello spopolamento è conseguenza della frammentazione del
territorio, laddove è cambiata la classificazione delle aree interne a
territori rurali. Ma Cuoco legge, analizza ed offre soluzioni. E’ questa la
chimica dei suoi studi che si ritrova in pieno nelle pagine de “Il declino e la
speranza”. Eccolo, allora, indicare il potenziale delle risorse inutilizzate,
le infrastrutture strategiche da completare, il nuovo ruolo delle aree interne
anche attraverso gli scenari di integrazione interregionali. Se fossi un
decisore politico regionale, un sindaco lucano, un rappresentante sindacale o
di categoria di vertice, considererei questo volume una sorta di bibbia laica
da cui partire.
Attenzione è posta al ruolo strategico delle quattro
aree urbane regionali. Le potenzialità già espresse da Matera, quelle a forte
intensità della città di Potenza e del suo hinterland, le due, a vocazione
turistica e di economia del territorio del
Vulture Melfese e del Metapontino.
Voglio soffermarmi, in conclusione di questa non
certamente esaustiva documentazione del lavoro di Cuoco, sul tema
dell’autonomia. Ricordiamo che il sottotitolo del libro è: “La difficile
transizione dalla dipendenza all'autonomia”. Tutti gli osservatori, sia quelli
di parte, che quanti provano ad esprimere giudizi non conformisti, sanno che
sul termine “autonomia” in questi ultimi tempi si è molto giocato
politicamente. Gli interessi del Nord sono stati sovrapposti a quelli del Sud.
Si è provato a raccontare il percorso autonomo come troppo egoista e non
inclusivo degli interessi generali. Cuoco descrive, con la disciplina dello
studioso, il percorso costituzionale e legislativo, l’iter parlamentare del
“Regionalismo differenziato”. Ci fa il punto sullo stato di attuazione di
questo combinato disposto di norme, richieste, accordi inter-istituzionali che
parte dall'art. 119 della Costituzione. Si sofferma sulle disposizioni finanziarie,
sulla qualità della perequazione, soprattutto sulla perequazione
infrastrutturale come elemento strategico per il superamento dei divari Nord –
Sud. Ma quello che più mi ha intrigato è il senso diverso, la coniugazione
politica alternativa e lungimirante che il professor Leonardo Cuoco da alla
parola “autonomia”. Per lui l’autonomia non è semplicemente indipendenza, cioè
superamento della dipendenza. No, per l’autore l’autonomia non si sposa
meccanicamente, se volete, sussidiariamente al concetto morale di
responsabilità. Cuoco, profeticamente, va al di là. Ci dice che “I pilastri che
si ritengono strategici per favorire le operazioni di cambiamento e garantire
l’esercizio efficiente degli istituti dell’autonomia sono: la ricerca e la
conoscenza”.
Cuoco descrive
la ricerca come “componente fisiologica nella fase di gestione del modello di
autonomia”. A suo giudizio la centralità
deve essere data alle risorse da produrre piuttosto che alla gestione di
risorse date. In questo caso capovolgendo l’impostazione del ministro per il
Mezzogiorno, di scuola Svimez, Provenzano. Non a caso l’autore si dice
preoccupato della minimizzazione della ricerca che di fatto ridurrebbe il ruolo
dell'autonomia. E’ il tema della lotta politica fra centralismo e territori,
fra stato e mercato che torna sempre di attualità. Come risultato del suo
lavoro Cuoco chiede anche il ripristino di una struttura di ricerca regionale.
A suo giudizio si tratta di “integrare la “conoscenza” di tipo macro economico
con quella più analitica da realizzare attraverso lo studio profondo dei dati
territoriali.
“Il declino e la speranza” è un compendio fra politica, storia,
economia, filosofia del diritto, almeno negli aspetti caratterizzanti il senso
che Cuoco da all'art. 119 della Costituzione.
E’ un libro carico di visioni, ma non è stato scritto
da un visionario. E’ drammaticamente realista, sposa l’idea di un declino
profondo e ingiusto. Non giustifica le classi dirigenti che hanno prodotto
questa situazione. Ma non si attarda nei rimproveri o ad un’ esegesi populista.
Nient’affatto. Cuoco è disarmante per la semplicità con la quale offre
soluzioni problema per problema, questione per questione. Persino sulle vicende
più annose, sui ritardi nemmeno più commentabili. Un libro edificante, esemplare,
pronto all'uso.
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Il prof. Leonardo Cuoco |
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