La storia delle Confraternite attraverso l’esempio di Pietrafesa – Satriano. L’ultimo esemplare libro del prof Nicola Pascale

 



Nicola Pascale, dirigente scolastico  emerito, professore e uomo di scuola, intellettuale raffinato, studioso di storia locale, scrittore, è un lucano che non smette di stupire. Ogni volta i suoi libri sono una sorpresa. Impregnati di conoscenza, di scoperta, scavano la storia, non smettono mai di interpretarla, accostarla alla vita delle comunità e delle persone che le animano. Donne e uomini costruttori del loro tempo, promotori e fedeli interpreti di quei buoni sentimenti che hanno edificato la nostra società.

Così è per “Confraternite e luoghi pii a Satriano in età moderna e contemporanea”. Uno scritto, stampato a Buccino (Salerno) per le Edizioni dell'Accademia, grazie alla cura e all'opera della Grafica Martino (2020), sul mondo confraternale che rappresenta un ulteriore tassello che si aggiunge al mosaico che l’autore sta a poco a poco edificando, per fornirci un quadro, sempre più esauriente della storia sociale e religiosa di Pietrafesa – Satriano. Il suo paese, il borgo natio. Pascale ama profondamente questa storia, la fa intimamente sua, la interpreta e approfondisce con la passione dell’archeologo culturale, con la dovizia dell’archivista, con la severità dell’analisi storica. Ricordiamo che ha da poco dato alle stampe l’apprezzato lavoro editoriale sulla storia del Santuario della Madonna del Faragnito e sulla presenza dell’Ordine giovannita nella Basilicata occidentale e, in particolare, nella zona satrianese.


Chiesa della Madonna della Rocca a Satriano di Lucania

Ma cosa erano per le nostre comunità, per i nostri paesi le confraternite? Con  i cosìdetti luoghi pii, nacquero come associazioni di fedeli, si prefiggevano il raggiungimento di scopi religiosi o di culto e ricadevano sotto controllo delle autorità ecclesiastiche, mentre gli stabilimenti di beneficenza, sviluppatisi come semplici associazioni o enti morali, erano sottoposti alla sorveglianza ed all'approvazione del potere politico. Le confraternite avevano doppio carattere di enti religiosi e laicali, ma una diversa costituzione economica; alcune avevano un patrimonio stabile e redditizio, altre solo le semplici oblazioni dei confratelli. Secondo alcuni storici giuridicamente derivate dalle antiche gilde germaniche, o ritenute corporazioni dì diritto pubblico ed infine collegate all'istituto giuridico dell'affratellamento, queste ebbero, e Pascale ce lo conferma, i primi canoni generali dal Concilio di Trento (1545- 1564), che le sottopose all'autorità del Vescovo al pari proprio delle opere pie. Il vescovo aveva il diritto dì conoscere, riformare e correggere gli abusi, di chiedere il rendiconto dell'amministrazione delle loro rendite, dì censurare ì confratelli colpevoli dì disordini, sia nell'amministrazione che nei doveri religiosi. Dopo le decisioni del Concilio, numerose congregazioni, ispirate o curate dagli ordini Religiosi, si dettero a svolgere opere di soccorso ai poveri, assistettero spiritualmente e concretamente gli ammalati, istruirono i fanciulli e gli adulti nella dottrina cristiana e le donne nelle istituzioni di asili infantili, di ricovero e dì fabbriche dì lavori femminili. Le opere pie vollero restare giuridicamente e dì fatto laiche, escludendone il clero, in effetti erano ritenute laiche quelle che avevano scopo di beneficenza o dì culto ed erano amministrate dai laici.


Confraternita di san Francesco. Affresco della Passione di Cristo


Nel Regno di Napoli le confraternite furono considerate tra le opere pie laicali e furono sottoposte all'autorità civile che provvide a regolare i privilegi di ciascuna, come il diritto di riunione, per evitare che esse si opponessero al potere politico. Con il Concordato del 2 giugno 1741 tra il Pontefice Benedetto XIV e Carlo III di  Borbone sí stabili che gli ordini diocesani potessero visitare e monitorare anche i luoghi pii laicali.

Il viaggio di Nicola Pascale che, ricordiamolo, è anche il presidente della prestigiosa Accademia Tiberina di Basilicata, che copre il territorio trasversale dell’antica “Grande Lucania”, ci conduce dentro le confraternite e le opere pie di Satriano le quali, in un passato neanche troppo remoto, hanno svolto un ruolo sociale, di assistenza morale, religiosa e materiale. Vere e proprie reti di Welfare State. Lo studioso brettone Gabriel Le Bras, come dottamente scrive nella presentazione del volume il prof Giuseppe Maria Viscardi dell’Università di Salerno, ne da una definizione particolarmente suggestiva, ma incisiva. Le chiama “famiglie artificiali, i cui membri sono (erano) uniti da una fraternità volontaria.”

Pascale ci racconta che nella comunità di Satriano, in età più moderna, erano presenti ben sei sodalizi di questo tipo. La Confraternita del SS. Nome di Gesù, La Venerabile Congregazione dei Morti, la Confraternita del SS. Rosario, la Confraternita del SS. Corpo di Cristo, la Confraternita del SS. Sacramento, la Confraternita di Santa Sofia.

Gli statuti richiedevano requisiti precisi a coloro che volevano far parte delle confraternite: non dovevano aver esercitato "arte e impieghi vili", come "bottegaro, tavernaro, venditore di vino", nè aver condotto una vita contraria ai buoni costumi e né dovevano essere stati accusati di concubinato, di furto o di altri delitti. Alcune confraternite, riservate ai notabili, accoglievano solo nobili, gentiluomini e proprietari, dette arciconfraternite per il loro carattere di confraternite principali (a Salerno la confraternita dì S. Antonio di Padova), ad esse spesso erano accordati anche privilegi di natura temporale, come la periodica amministrazione della giustizia. Altre, invece, erano composte dai membri esercenti una determinata attività professionale o mestiere (sempre nel salernitano, la confraternita della Drapperia del SS. Salvatore, composta da 24 sartori o quella dei magazzinieri della Dogana del grano o dei calzolai di S. Crispino e S.Crispiniano), nelle cui riunioni discutevano dei loro problemi dì categoria e ne cercavano la soluzione. Numerosissime in tutto il Principato Citra le confraternite legate al culto  eucaristico (SS. Sacramento, Corpo di Cristo. SS. Trinità, ecc.) e al culto mariano, diffuse dai predicatori redentoristi, che esaltavano la gloria dì Maria e la sua funzione per la salvezza dell'anima. Sicuramente Satriano si aggancia a questo filone e, come detto a proposito del Concilio di Trento, le Confraternite ebbero una funzione di raccordo fra esperienza umana e difesa dei valori religiosi e dei dogmi di fede, anche per contrastare le tentazioni eterodosse che i protestanti riformatori disseminavano fra la popolazione.


Carlo III di Borbone

Le confraternite svolsero senza dubbio un ruolo molto importante nel Regno Borbonico e soprattutto ebbero la capacità e la forza di sostituirsi allo Stato nell'esercizio delle funzioni sociali come l'organizzazione di ospedali, di monti dì maritaggi e di opera di assistenza e beneficenza nei riguardi dei meno abbienti. Gli Archivi di Stato di Potenza e di Salerno conservano nel fondo Intendenza  una consistente raccolta di copie di statuti di confraternite, dì opere pie, di congregazioni di carità (queste istituite in virtù della legge n.753, 3 agosto 1862 e n.6972, 17 luglio 1890) e di altri istituti come asili, orfanotrofi e ospedali.

Il lavoro di Nicola Pascale quasi filologicamente, in un esercizio storico che sarebbe piaciuto a Benedetto Croce , riesce a dare un’ immagine esemplare delle Confraternite e Opere pie di Satriano, tale da consentirci alcune considerazioni più attuali.


"Il trionfo della morte" di Bruegel il Vecchio


1.   Grazie a queste forme di mutualità sociale, a queste corporazioni la vita di comunità si traduceva attraverso due forme urbane geometriche. La prima, orizzontale. Vi erano luoghi dove condividere le difficoltà, i dolori, la malattia. Dove l’aiuto reciproco si sostanziava anche in forme economiche, in aiuti per le proprie attività e per la crescita e l’educazione dei propri figli. Si pensi solo al modello delle botteghe, dell’artigianato e dell’apprendistato. La seconda, verticale. Di tipo religioso, di aspirazione alla verità cristiana, attraverso le forme e l’organizzazione della chiesa cattolica. Anche l’arredo urbano risentiva di quest’aspirazione religiosa, di questa verticalità spirituale. Le tante chiese, i loro campanili, i monasteri e i monti sacri con i loro percorsi sono nati dentro queste dimensioni organizzative della vita sociale e religiosa.

2.   Neppure la attuale pandemia ci ha restituito un rapporto più tranquillo, meno stressato con la morte. La nostra società consumistica, fondato sui diritti, psicologicamente orientata ad una impossibile perfezione scientifica, tende a nascondere la morte. Nella società delle confraternite era sempre presente una Venerabile Congregazione dei Morti. Nei secoli scorsi vigeva un principio quasi filosofico che aveva molto a che fare con il senso del limite, con la cultura - che oggi definiremmo cartesiana - del dubbio e che conduceva l’uomo ad una educazione sentimentale verso una buona morte. Il culto dei santi, il suffragio per le anime dei defunti erano forme di pietà popolare che tenevano in relazione il terreno e il sovrannaturale, il basso e l’alto, il fisico e l’anima. E’ Viscardi a citare Kierkegaard, che affermava lapidario: “La morte nella vita è l’unica cosa certa”.


    3. Le confraternite componevano una organizzazione sociale che rendeva plastica l’idea del diritto naturale ed enfatizzava il Principio cristiano di Sussidiarietà. Il modello si articolava dal basso. Oggi la chiamiamo medicina territoriale e la invochiamo disperatamente. In un tempo non lontanissimo anche Satriano aveva il suo Ospedale. Piccolo, organizzato, gestito con pochi mezzi e tanto cuore. Le confraternite facevano il resto. Questo modello di welfare ci fa così invidia che non sarebbe affatto sbagliato tornare a studiarlo, come vuole la storia (che esiste per questo), per prendere il meglio di ciascun modello organizzativo e riscrivere il nostro modo di vivere.


Nicola Pascale e Gianfranco Blasi durante la presentazione  di "Conversazione Pedagogiche"


Con Nino, nome affettuoso, con il quale mi piace salutare, infine, Nicola Pascale, in questi anni abbiamo condiviso molte esperienze, a cominciare dal libro intervista del 2019 sulla scuola pubblica italiana: “Conversazioni pedagogiche”, che per mesi ci ha visti impegnati in un salotto ideale. Dove, in verità, con il contributo indispensabile delle nostre consorti (esperte sul campo della materia), abbiamo realizzato un prodotto che è diventato persino uno strumento di conoscenza professionale e didattica sia in ambito universitario che nella formazione dei docenti.

Con Nino lavoriamo fianco a fianco nell’Accademia Tiberina di Basilicata. Mi preme, anche per questo, ringraziarlo per il prezioso contributo intellettuale, storico, accademico che Egli offre al nostro territorio, alla sua prediletta Satriano, alle nostre amate genti lucane.

Un' immagine attuale di Satriano di Lucania, l'antica Pietrafesa


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