Gli errori del governo Conte. Le pezze che sta mettendo Draghi. I ritardi con l’Europa sul Recovery. L’esempio paradossale del Superbonus del 110 per cento che, nei mesi scorsi, è finito nel Next Generatiom Eu

Il premier italiano, prof Mario Draghi

 L’Italia è in ritardo sul piano per accedere ai 209 miliardi del Next Generation Eu. Sono i buchi ereditati dal Conte 2 sui quali il governo di Mario Draghi sta lavorando. Con grande solerzia, visto che se l' Italia vorrà incassare la prima tranche dei finanziamenti europei in estate, il nostro Recovery  andrà reso noto formalmente a Bruxelles ad aprile.

 Ma «rinforzare il piano italiano nei tempi previsti non è una passeggiata», spiegava qualche giorno fa il commissario europeo all' Economia, Paolo Gentiloni. E lo dimostra un documento riservato di 10 pagine – che il quotidiano Repubblica ha visionato e reso pubblico - recapitato la scorsa settimana al governo dalla Commissione Ue.

 Un lungo elenco, dettagliato, di chiarimenti, precisazioni, richieste. E di parti che devono essere completate.

 Il documento Ue si riferisce alla seconda missione del Pnrr italiano, ma rende l' idea dello stato di generale ritardo del piano nazionale, ovvero quella dedicata alla "Rivoluzione verde e transizione ecologica": una voce da 69,8 miliardi, la cui fetta maggiore (29,55 miliardi) riguarda l' efficientamento energetico degli edifici. Il così detto superbonus che, costando molto e non avendo trovato altre coperture, è stato maliziosamente infilato nell’Agenda del Recovery. Un rischio calcolato? Piuttosto una operazione assai imprudente, anche perché gli italiani e i capicondomini sono aggrediti ogni giorno da società di ingegneria e ditte edili che si propongono per ristrutturare le case, le ville, i garage, i palazzi in ogni dove, praticamente su tutto il territorio nazionale. La proposta è sempre anticipata da un’affermazione “E’ tutto gratis! Paga lo Stato.” Immaginatevi se questa dichiarazione non dovesse trovare riscontro nella realtà.

 Non a caso la "prima valutazione" delle bozze spedite da Roma, in attesa della notifica formale, verte sul capitolo delle migliorie strutturali agli immobili. Due le direttrici indicate dall' Italia: una vasta operazione sul patrimonio pubblico (scuole, edilizia residenziale, comuni e cittadelle giudiziarie) e una che guarda al privato e si concretizza nel Superbonus del 110% per i lavori di efficientamento energetico e anti-sismici. In generale, per Bruxelles le intenzioni tricolori sul "green" vanno «nella giusta direzione», anche se poi – ci dice Repubblica – “sono pagine e pagine di richieste di informazioni e di buchi da riempire.




 «Per la maggior parte degli investimenti proposti mancano informazioni chiave sui risparmi energetici previsti», è la prima critica di Bruxelles. Che assomiglia a una bocciatura visto che l'obiettivo della Ue è proprio migliorare l' efficienza energetica. Proverò a spiegarmi con un esempio semplice. Bruxelles ci da dei soldi che noi Italia diciamo genericamente di voler utilizzare per il green. Ma l’Europa vuole che i progetti producano un risparmio economico e riducano l’impatto ambientale. Meno consumo di gas e petrolio o suoi derivati. Una minore bolletta energetica complessiva, l’installazione di materiali innovativi a basso costo e capaci di ridurre i consumi di energia. Una riduzione della spesa pubblica sui costi della Pubblica Amministrazione. Proprio su questo punto la Ue è chiarissima: «agli investimenti non sono state associate specifiche riforme nei settori dell' efficienza energetica». In particolare, l' Italia non ha messo nero su bianco cosa intenda fare per migliorare «l' ambiente economico e il funzionamento della pubblica amministrazione ».

 Un ambito strategico visto che «la scarsa capacità dell' amministrazione, specialmente a livello locale, è tra le maggiori sfide per l' attuazione dei progetti di investimenti». Ciò a dire, non solo l'Italia intende spendere i soldi senza fare le riforme, ma se non riforma la burocrazia non riuscirà nemmeno a spendere in tempo utile i fondi del Recovery.

 Se la governance del piano sugli edifici pubblici rischia di esser "frammentata" tra ministeri ed enti locali e «può portare a problemi di coordinamento», per gli incentivi ai privati si lamenta la complessità delle procedure: «Non c' è riferimento allo sviluppo del "One-stop-shop" che renderebbe più semplici le procedure per proprietari e imprese». Servirebbe, infatti, «uno sportello unico» per semplificare la burocrazia per famiglie e aziende. Uno sportello unico non solo per l’emergenza ma come simbolo efficace del cambiamento della p.a. italiana.

 L’Europa vuole capire se «il piano (questa parte del Recovery) combina il Superbonus con strumenti finanziari». Altrimenti, se non fosse virtuoso e raffinato, non avrebbe senso tenerlo dentro un meccanismo così innovativo di sostegno e di implementazione di lavoro e capitali come Next Generation Eu.


Conte e Draghi, due stili a confronto

 Severa anche la critica sulla dotazione finanziaria: Bruxelles spalma i 21,2 miliardi di risorse dedicate per due anni sull' obiettivo di efficientare edifici per 3 milioni di metri quadri l' anno. Ne conclude che 3.500 euro al metro quadro sono probabilmente un po' troppi, a maggior ragione se rapportati ai 245 euro che si deducono dalla stima dei costi per gli interventi sugli edifici pubblici. Parliamoci chiaro. Con gli stessi soldi si potrebbe buttare a terra e ricostruire edifici moderni ed ecosostenibili.

Altro aspetto da chiarire: le spese sono indicate per il 2022-2023, ma essendo l' agevolazione fiscale spalmata su cinque anni, i suoi effetti si dovrebbero sentire sul bilancio pubblico fino al 2026. Come dire che il governo precedente non ha saputo stimare il costo complessivo sul tempo di attuazione della misura. Si è tenuto largo, come si trattasse di un preventivo qualunque e non di una misura complessa al’interno di indicatori dati e risultati preventivati, cioè stabiliti all’inizio come traguardo di ripresa e ritorno in direzione di un investimento virtuoso capace di produrre un incremento sostenibile, tale da valorizzare il capitale investito.

Ricordiamo che il Sperbonus è stato gestito direttamente da Palazzo Chgi, come tutta la partita del Recovery che, oggi, invece, vede Draghi, al contrario di Conte, solo indirizzare gli obiettivi che poi vengono selezionati e stabiliti nei progetti specifici al Mef, con il contributo dei ministri politici, Giorgetti e Orlando.




Commenti

Post popolari in questo blog

“Come faccio io a non piangere”

Diciamo le cose come stanno: il ddl Zan è fascista

Le tre caratteristiche letterarie del nuovo libro di Patrizia Bianco. Un romanzo di genere, poi storico, soprattutto psicologico