Nel respiro della parola: viaggio
dentro “L’ombra azzurra” di Andrea Galgano
L’ombra azzurra – Ermes Hermaion Editrice,
2025 - di Andrea Galgano non è una semplice raccolta poetica, ma un atlante
dell’anima, un cammino lirico che si snoda tra paesaggi reali e interiori, tra
silenzi e sussurri, tra ciò che brucia e ciò che rimane. Galgano ci conduce in
una geografia fatta non solo di luoghi ma di vibrazioni, ombre, risonanze. Le
sue parole non descrivono: trasmutano. Non raccontano: accadono.
Galgano ha il dono di rendere sacrale il quotidiano, di trasfigurare il dettaglio in rivelazione. In Cancale ci immerge in un paesaggio marino che è specchio del sentire: il moto delle maree, le bisquine, la clessidra di terrazze – tutto si fa fluido, scivoloso, quasi liquido. Non si sa più dove finisca il mondo e dove cominci il sogno. La poesia diventa onda, assenza che accarezza, luce che si ritira, e poi ritorna, sciogliendosi «nell’isola tidale», nel mistero di una fuga «oltre le dune».
C’è
in Saint-Malo
un’energia tellurica, un oceano che è ferro e sfida, un’estate che si sgretola
«fra le dighe foranee e l’isola dei venti», mentre in Paris tutto si
raccoglie in un tempo urbano e sentimentale: la città pulsa tra linee
metropolitane e scorci segreti, tra il cielo velato e «le veglie clementine dei
salici». Parigi non è più città, ma eco: una relazione sospesa, una lettera mai
spedita, un «metrò arruffato tra i tetti di Bastille» che diventa simbolo di
ogni fuga e di ogni ritorno.
C’è
sempre un senso di attesa, di lontananza, di rivelazione mancata o solo
sfiorata. Come accade in L’ultimo
calamo del sole (Positano), dove il giorno si scioglie in una
«stoffa bianca degli dei», e il mare scosso diventa trama che cuce insieme
ricordo e abbandono. Le «sirene degli aranci» chiudono le labbra del giorno, e
il tempo, pur perdonando, «non torna».
Il
tempo è un nodo costante nella poesia di Galgano: si apre, si spezza, si piega,
ma non si arresta mai. Eppure, in alcune pagine, come in Andrè, sembra
davvero voler fermarsi, quasi fosse possibile trattenerlo con la sola forza
della memoria. È forse il testo più intimo della raccolta, un'elegia lieve e
penetrante: infanzia, amicizia, dolcezza e malinconia si rincorrono come onde
leggere, come fossero «cedri che trascinano il mare sul viso». È una poesia che
non dimentica nulla, ma apre; non conclude, ma lascia uno spiraglio, una porta
socchiusa dove la nostalgia non è solo dolore, ma anche promessa.
E
poi Anima e terra,
qui la natura e l’esistenza si fondono in un solo sguardo. C’è un’oralità
arcaica che pulsa tra i «gelsi», i «panni degli acini», le «corolle di
lucciole» — il poeta custodisce il mondo come si custodisce un seme. Mentre Alba di echi e di suono,
dedicata a Verona, ci offre un’intensa verticalità lirica: l’arena, i ponti,
gli amanti, i «boati nel vento» — e ancora occhi, pietre, memorie che non si
lasciano sgualcire.
Tutto
in L’ombra azzurra
si muove tra due poli: la fragilità e la resistenza, l’effimero e il duraturo.
La parola poetica diventa un atto di salvezza, un modo per trattenere ciò che,
altrimenti, ci sfuggirebbe tra le dita. La lingua di Galgano è musicale,
cesellata, viva. Ogni verso sembra avere ascoltato a lungo il silenzio prima di
nascere. C’è una delicatezza strutturale che non è mai fragile, una grazia che
non è ornamento, ma necessità.
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| Cancale in Bretagna (Francia) |
Nella poesia di Andrea Galgano non solo leggiamo, abbiamo letto, ma sopratutto: ascoltiamo. Come si ascolta il mare da dietro una porta socchiusa, lasciando che la risacca entri piano nella nostra quiete. In compagnia della voce del poeta ci avventuriamo in un viaggio lirico dove l’ombra diventa luce, e l’azzurro – come in sogno – continua a brillare dentro di noi, continua a muoversi “nel treno dei desideri”.




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