Spopolamento in Basilicata: tra desertificazione demografica e nuove vulnerabilità

Come rallentare l’esodo dalle aree interne senza illusioni e senza caccia alle streghe


Spopolamento. Basilicata: bella senz'anima


Parlare di spopolamento in Basilicata significa affrontare un fenomeno antico e persistente, che ha scavato lentamente valli e borghi, lasciando tracce profonde nell’identità stessa del territorio. È un tema che affronto spesso: negli incontri ufficiali, ma anche nelle chiacchiere tra amici o nelle risposte a domande puntuali, cercando di offrire chiavi di lettura concrete, senza pretese di esaustività.

Negli ultimi settant’anni la Basilicata ha visto diminuire di quasi un quinto la sua popolazione: dai circa 630.000 residenti degli anni ’50 agli attuali poco più di 530.000. Le proiezioni ISTAT indicano che entro il 2050 si potrebbe scendere sotto le 430.000 unità, con un’età media superiore ai 50 anni e un rapporto anziani/giovani tra i più squilibrati d’Europa.


La Basilicata. In questa foto sembra appesa al suo destino

Lo spopolamento non è un evento improvviso: è una lenta frana demografica che ha svuotato paesi e valli interne, ridotto servizi essenziali, rarefatto presìdi pubblici e privati. Oggi oltre metà dei 131 comuni lucani conta meno di 3.000 abitanti e molti rischiano, nei prossimi decenni, di scomparire quasi del tutto.


Cause storiche e responsabilità diffuse

Attribuire colpe univoche è esercizio sterile. Certo, responsabilità storiche ci sono state: ritardi infrastrutturali cronici, scarsa capacità di programmazione, un modello di sviluppo basato su pochi poli industriali isolati anziché su filiere territoriali. La mancanza di collegamenti ferroviari rapidi verso Napoli e Bari, e l’assenza per decenni di investimenti su banda larga e digitalizzazione, hanno accentuato l’isolamento.

Ma la fuga dei giovani, spesso laureati, è anche l’effetto di una trasformazione globale: la concentrazione di opportunità economiche e culturali nei grandi poli urbani. In questo quadro, le aree interne lucane non hanno retto la competizione e hanno visto erodersi, anno dopo anno, capitale umano e servizi.


La crisi idrica: da alcuni anni è strutturale


Il castello d’acqua che scricchiola

La Basilicata è da sempre il “castello d’acqua” del Mezzogiorno. Invasi come Monte Cotugno e Pertusillo garantiscono acqua a larga parte di Puglia e Calabria. Ma i cambiamenti climatici e le siccità ricorrenti stanno mettendo sotto pressione questo patrimonio: portate in calo, conflitti tra usi agricoli, civili e industriali, reti idriche colabrodo con perdite superiori al 50% in alcune aree.

La sicurezza idrica, un tempo considerata acquisita, è diventata una vulnerabilità. Senza investimenti seri su manutenzione, innovazione e risparmio idrico, anche questa risorsa-ancora rischia di trasformarsi in un ulteriore fattore di fragilità.


La dicotomia del petrolio


L’oro nero che non ferma l’esodo

Nel cuore della Val d'Agri e in località Tempa Rossa si estrae circa il 70% del petrolio nazionale. Le royalties hanno portato risorse finanziarie ai bilanci regionali e comunali, ma non hanno invertito il declino. L’occupazione diretta è limitata, la filiera locale debole, la percezione diffusa è quella di un “colonialismo energetico” che lascia sul territorio pochi benefici e molte preoccupazioni ambientali.

Con la transizione energetica in corso, puntare ancora sul fossile rischia di creare dipendenza da una rendita destinata a esaurirsi, senza avere costruito alternative durature.


Stellantis: a Melfi i conti non tornano


La crisi dell’automotive a Melfi

Negli ultimi anni anche il polo automobilistico di Melfi, storicamente uno dei principali motori industriali della Basilicata, sta attraversando una fase di forte incertezza. Lo stabilimento Stellantis ha avviato una profonda riorganizzazione produttiva, con una progressiva riduzione dei turni e del personale, legata al calo della domanda di alcuni modelli tradizionali e alla transizione verso l’elettrico. Questa situazione ha generato grave preoccupazione per l’occupazione e l’indotto locale, mettendo in luce la vulnerabilità di un territorio fortemente dipendente da un’unica grande fabbrica.


Una rete di servizi territoriali fra comuni è indispensabile


Ridurre il danno, non inseguire miraggi

La verità, scomoda ma necessaria, è che nessun “grande progetto” fermerà lo spopolamento. Si può però rallentarne la corsa e, soprattutto, migliorare la qualità della vita di chi sceglie di restare. Come?

  • Garantendo servizi essenziali e infrastrutture nei piccoli centri per evitare l’abbandono forzato.
  • Sostenendo filiere agroalimentari locali, turismo lento, artigianato, cultura e welfare di comunità.
  • Favorendo il lavoro da remoto e l’insediamento di nuove imprese attraverso connessioni digitali efficienti.
  • Puntando su scuola, università e formazione come presìdi di radicamento e innovazione.
  • Rafforzando le reti tra comuni per superare la frammentazione amministrativa e offrire servizi in forma associata.


La Telemedicina. Una delle strade possibili per portare in periferia i servizi sanitari e socio assistenziali


Sono misure che non promettono miracoli, ma possono rendere più vivibile e attrattivo un territorio oggi percepito come marginale.

Uno sguardo storico ci ricorda che la Basilicata ha attraversato secoli di emigrazione e trasformazioni profonde: dal brigantaggio postunitario alle partenze verso le Americhe, dalla modernizzazione incompiuta dei Borbone alla fuga dei giovani verso i poli industriali del Nord. Lo spopolamento attuale è l’ultima tappa di un processo lungo, ma offre anche uno spunto di riflessione.

Non si tratta di chiudere una parentesi dolorosa o di inseguire miraggi: lo spopolamento va considerato come dato di partenza per costruire un nuovo equilibrio tra popolazione, risorse e ambiente. Servono lucidità e pragmatismo, lontano da narrazioni salvifiche o colpevolizzanti. Investire nel piccolo, con una visione innovativa può trasformare la fragilità in sostenibilità. Anche nei cuori spopolati della Basilicata, tra borghi e valli antiche, può nascere un futuro diverso: più fragile, forse, ma anche più resiliente e radicato nella storia di questa terra.

Di seguito incontrerete due tabelle di sintesi che offrono alcuni dati, i più evocativi, così come sono.

 

Prima Tabella: Lo spopolamento in Basilicata in cifre

Popolazione

  • Residenti nel 1951: ~630.000
  • Residenti nel 2023: ~530.000
  • Proiezione ISTAT 2050: < 430.000
  • Età media attuale: ~48,6 anni
  • Tasso di natalità: 5,5 per mille (tra i più bassi d’Italia)
  • Saldo naturale 2023: -4,2 per mille

Comuni a rischio spopolamento

  • Totale comuni lucani: 131
  • Comuni sotto i 3.000 abitanti: > 70
  • Comuni sotto i 1.000 abitanti: circa 30

Economia e lavoro

  • Tasso di occupazione (15-64 anni): - 47% (media nazionale: - 61%)
  • Giovani NEET (né studio né lavoro): - 30%
  • Emigrazione giovanile: oltre 2.000 under 35 l’anno lasciano la regione

Risorse e vulnerabilità

  • Perdite idriche in rete: oltre 50% in alcune aree
  • Produzione petrolifera (Val d'Agri + Tempa Rossa): - 70% del greggio nazionale
  • Occupati diretti nell’estrazione: < 2.000

Fonti: ISTAT, SVIMEZ, Banca d'Italia, ARERA, Regione Basilicata

 

 

Seconda Tabella: Calo della produzione a Melfi: dati e tendenze

  • Primo trimestre 2025: la produzione è scesa a 8.890 unità, con una flessione del –64,6% rispetto allo stesso periodo del 2024 e del –86% rispetto al 2019. Primi sei mesi del 2025: la produzione ha registrato un calo di circa –58%, confermando il trend negativo già evidenziato nel 2024.
  • Primi nove mesi del 2024: il sito ha perso oltre 90.000 vetture, con una riduzione del –61,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente

Impatti occupazionali e industriali

  • Attualmente, lo stabilimento di Melfi impiega circa 5.000 lavoratori, di cui due terzi in cassa integrazione, a causa della contrazione produttiva. L'indotto manifatturiero locale è in crisi, con numerose aziende fornitrici che affrontano difficoltà economiche e occupazionali.

Prospettive future

  • Stellantis ha annunciato l’avvio della produzione della nuova Lancia Gamma a Melfi nel 2026, come parte di un piano di rilancio che prevede anche la produzione di nuovi modelli Jeep e DS. Nonostante questi piani, la transizione verso l’elettrico e la concorrenza internazionale pongono sfide significative per il futuro del sito.

Fonti: ISTAT, SVIMEZ, Banca d'Italia, ARERA, Regione Basilicata




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