Contro la viltà e per la democrazia
Quando il disprezzo si
traveste da impegno civile, la democrazia si indebolisce. Serve ritrovare il
coraggio della misura, del rispetto e della responsabilità
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Gli eventi sportivi internazionali sono un segno di civiltà e di |
di Gianfranco Blasi
C’è una parola
che riassume certi comportamenti che stiamo tornando a vedere nel nostro Paese:
viltà.
Una viltà che si manifesta ogni volta che si confonde la libertà di critica con
il disprezzo, il dissenso con l’odio, la solidarietà con il pregiudizio.
Chiedere oggi
di escludere Israele dalle competizioni sportive internazionali, o i suoi
giovani dalle università, o le sue associazioni culturali, i suoi scrittori e
artisti dalla presentazione di eventi, libri, spettacoli, mostre, concerti —
mentre a Tel Aviv migliaia di cittadini si radunano nella “piazza degli
ostaggi” per chiedere pace e dialogo — è un gesto ingeneroso e vile. In quella
piazza c’è la parte viva, democratica, di un Paese che non si rassegna alla
guerra. Colpire Israele nel suo insieme significa colpire anche chi, dentro i
suoi confini, chiede con coraggio di fermare le armi. Bisogna saper distinguere sempre. Prendersela con tutti è un modo facile e
sbrigativo di scegliere da che parte stare, ma non è un modo giusto. La
democrazia si misura anche nella capacità di distinguere, non di cancellare.
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La piazza di Tel Aviv piange composta i suoi morti |
Ingeneroso e
vile è anche chi, ad Udine, ha aggredito con spranghe e bastoni le forze
dell’ordine, proprio nel giorno in cui l’Italia piangeva i tre carabinieri morti
a Verona. La violenza non è mai una forma di protesta: è soltanto una resa alla
barbarie. Colpire chi rappresenta lo Stato significa ferire il patto civile che
ci tiene insieme. In tempi in cui la sicurezza è spesso ridotta a slogan,
sarebbe bene ricordare che chi serve nelle nostre caserme e nelle nostre strade
garantisce diritti, i nostri diritti, prima ancora che ordine.
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L'assurda guerra urbana di Udine |
C’è qualcosa di
più profondo, però, che attraversa questi episodi. Sta riemergendo un sentimento
antidemocratico e extraparlamentare, un modo di intendere la politica come
scontro permanente, che la storia italiana del Novecento ha già conosciuto — e
pagato caro. Il rancore travestito da ideologia, il disprezzo per le
istituzioni, la piazza che pretende di sostituirsi al Parlamento: sono tutti
segnali di un malessere che non possiamo ignorare.
Le forze
democratiche, oggi come allora, hanno il compito di restare ancorate ai
valori della Costituzione, senza cedere al vento della rabbia né
all’indifferenza. Difendere la Repubblica non è una formula retorica, ma un
dovere civico che riguarda tutti, a partire dalle istituzioni e dai cittadini.
In un tempo di
fratture e di sfiducia, tenere la barra dritta significa credere ancora nella
forza mite della libertà, nella legge, nella parola. È questa la radice del nostro
liberalismo, ed è da qui che la democrazia deve continuare a rinascere.
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