Dalla ghigliottina di Robespierre ai processi mediatici: Sarkozy, Craxi, Berlusconi e la crisi del liberalismo europeo

 

Sarkozy e Berlusconi, due leder della destra liberale europea

Quando la giustizia diventa politica e la politica si inginocchia alla giustizia

 

di Gianfranco Blasi

C’è un filo rosso che unisce Parigi a Roma. Non è solo il filo delle democrazie liberali in affanno, ma quello più sottile e inquietante che lega Nicolas Sarkozy a Silvio Berlusconi fino a Bettino Craxi, tre uomini di potere travolti — in tempi e modi diversi — da un’ondata giudiziaria che ha superato i confini della politica per trasformarsi in cultura, in moralismo, in forma di governo.


Bettino Craxi davanti ai giudici di "mani pulite"


 

La Francia e la tentazione del giustizialismo

Da giorni la Francia discute della detenzione di Nicolas Sarkozy. Un ex presidente della Repubblica che entra nel carcere della Santé non come colpevole, ma come imputato in attesa di appello. Le immagini del suo ingresso, accompagnato da Carla Bruni, hanno un valore simbolico enorme: la Francia che amava definirsi culla dei diritti dell’uomo mette dietro le sbarre un ex capo di Stato senza una sentenza definitiva.

Non è solo una vicenda personale. È l’ennesima tappa di una lunga deriva giustizialista che attraversa la sinistra francese e trova spesso sponde nella magistratura. L’ombra di Robespierre non è mai del tutto scomparsa: il giustizialismo, da allora, resta un tratto della cultura politica francese. La ghigliottina è diventata togata, ma l’impulso è lo stesso — quello di purificare la politica attraverso la punizione morale dei suoi protagonisti.


Sarkozy verso il carcere accompagnato dalla moglie italiana, Carla Bruni


Sarkozy come specchio di una crisi

Sarkozy non è un martire, né un santo. È un uomo politico che ha sbagliato, forse, ma che rappresenta un’idea di centrodestra liberale e pragmatico, europeista e competitivo, oggi quasi scomparsa. La sua parabola racconta la crisi di quella destra democratica che in Europa aveva creduto possibile un equilibrio tra mercato, sovranità e istituzioni. Un’idea che Giorgia Meloni sta provando a riproporre in Italia.

Ma la Francia di oggi non sembra riconoscere questa tradizione. Ha sostituito il confronto politico con il processo mediatico, la competizione elettorale con la delegittimazione giudiziaria.

 

Il riflesso italiano: Berlusconi, la politica sotto accusa

Impossibile non pensare proprio all’Italia. Negli anni Novanta, con Mani Pulite, la magistratura italiana si è trasformata da potere dello Stato in potere costituente, ridisegnando il sistema politico attraverso le inchieste. Prima Bettino Craxi accusato di finanziamenti illeciti a favore del suo partito proprio come l’ex presidente francese. Poi Silvio Berlusconi, sceso in campo nel 1994, che è diventato il bersaglio perfetto: ricco, potente, divisivo, simbolo di un capitalismo spavaldo e di un’antipolitica ante litteram. Da allora, per oltre vent’anni, il suo rapporto con la magistratura è stato il campo di battaglia su cui si è misurato il destino della Seconda Repubblica.


Silvio Berlusconi: la solitudine di un leader attaccato dalla magistratura radicale


Come Sarkozy, anche Berlusconi ha vissuto processi interminabili, condanne, assoluzioni, riabilitazioni. È stato dipinto come “il male assoluto” da un’opinione pubblica polarizzata. Eppure, come Sarkozy, ha avuto il merito — e la colpa (?) — di sfidare un potere che in Europa pochi osano nominare: il potere giudiziario quando travalica il suo ruolo di garanzia per trasformarsi in attore politico.

 

La giustizia come campo di battaglia morale

Sia in Francia che in Italia, il tema non è la colpa o l’innocenza del singolo. Il punto è la trasformazione della giustizia in strumento di legittimazione politica. Quando il giudizio penale diventa giudizio morale, la politica smette di essere spazio di libertà e diventa terreno di epurazione. È il trionfo della logica del sospetto: non si governa, si processa; non si discute, si condanna.

In questa logica, il cittadino non è più sovrano, ma spettatore. E il tribunale diventa il nuovo parlamento morale, dove la colpa sostituisce il consenso.

Un’Europa che si processa da sola

Sarkozy e Berlusconi, pur così diversi, sono figure-simbolo di un Occidente che ha perso fiducia nella politica. Da un lato, la retorica populista; dall’altro, il moralismo giudiziario. Entrambi nemici della libertà liberale. Nel mezzo, un continente che processa se stesso, incapace di difendere il principio cardine della democrazia: la ciceroniana distinzione dei poteri.

Se il garantismo diventa sospetto e la presunzione d’innocenza un lusso, allora la ghigliottina di Robespierre non è mai caduta davvero. È solo diventata più silenziosa.


La ghigliottina di Robespierre in una  illustrazione

L’eredità e la lezione

Oggi, Sarkozy attende l’esito del suo appello. Berlusconi non c’è più. Ma entrambi lasciano una lezione politica che l’Europa liberale farebbe bene a ricordare: la giustizia non può essere il luogo dove si decide la sorte della democrazia. Perché quando la politica abdica e la magistratura prende il suo posto, non nasce una Repubblica più giusta — ma una democrazia più fragile.

 


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