Elly Schlein con Landini e D’Alema: la
scelta politica dietro la fotografia

Landini e Schlein alla manifestazione di Italianieuropei di Massimo D'Alema
Altro che coincidenza: accanto al capo della Cgil e al
grande ex della sinistra, la segretaria indica i suoi nuovi riferimenti. E
manda al Pd un messaggio chiarissimo: la linea non cambia.
di Gianfranco Blasi
Guardatela
bene, questa foto: Elly Schlein accanto a Maurizio Landini e Massimo D’Alema.
Un’immagine che, più che un’occasione mondana, sembra un piccolo manifesto
politico. Perché i protagonisti lì ritratti non sono figure qualsiasi della
sinistra italiana: incarnano due linee, due culture e due “anime” che nel Pd di
oggi stanno tornando prepotentemente a dettare l’agenda.
Il
primo è Maurizio Landini, il segretario della Cgil. Un leader che negli ultimi
anni ha interpretato il ruolo del sindacato in modo diverso da come eravamo
abituati. Non più la stagione della “cinghia di trasmissione” tra partito e
rappresentanza sociale; non più nemmeno l’autonomia conflittuale degli anni
’90. La traiettoria recente ha ribaltato lo schema: oggi è spesso il Pd ad
allinearsi sulla posizione della Cgil. È accaduto con il referendum contro il
Jobs Act – quando i dem finirono per votare, di fatto, contro la loro stessa
esperienza di governo – e accade ora con la richiesta di una patrimoniale, di cui
Landini è il primo e più convinto sponsor.
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| La segretaria del Pd con D'Alema ad uno degli scioperi "politici" di Landini |
Lo si voglia o no, il leader del primo sindacato
italiano ha finito per esercitare un’influenza politica crescente. A suon di
scioperi impostati su piattaforme più politiche che contrattuali, di contratti
non firmati, di mobilitazioni che sovrappongono questioni internazionali e
rivendicative. In controluce, una linea: indicare la direzione, mentre il Pd –
almeno una parte di esso – segue. È per questo che la sua presenza accanto a
Schlein non è mera cortesia istituzionale. È una fotografia di potere.
Accanto a lui, Massimo D’Alema. Non il D’Alema del
“paese normale”, del riformismo che guardava alla modernizzazione e si
confrontava – anche duramente – con la Cgil di Sergio Cofferati sulla
flessibilità. Né il leader della Bicamerale, quello che provava a
costituzionalizzare la destra berlusconiana, o che nel Kosovo difendeva
l’intervento Nato. Quel mondo è lontano.
Il D’Alema di oggi percorre strade diverse: la
Cina delle autocrazie in parata, la linea sulla Palestina più vicina agli
attivisti internazionali che alla socialdemocrazia europea, e soprattutto il
mea culpa sul Pd – “Mi sono pentito di averlo fatto” – che lo ha riportato nel
dibattito come voce radicale e critica dall’interno.
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| D'Alema in Cina in una foto insieme a Putin e al coreano Kim |
Eppure, qualcosa è rimasto uguale: la distanza da
Romano Prodi, che ieri come oggi rappresenta per lui una cultura politica quasi
opposta. Un dettaglio? Non proprio.
Perché le foto con Landini e D’Alema restituiscono
proprio questo: la sensazione che la postura radicale del nuovo Pd non sia solo
un effetto delle circostanze, ma una scelta consapevole. E, in fondo, non
dispiace alla sua segretaria. Piaceva il Conte II – e il feeling era ricambiato
–, piace oggi un Pd che torna a “fare la sinistra”, anche a costo di perdere
pezzi di centro e moderati.
“Schlein posa
con Landini e D’Alema e archivia ogni dubbio: i “padri nobili” del suo Pd non
sono Prodi e i riformisti, ma il fronte più radicale della sinistra. Una scelta
che pesa più di mille dichiarazioni”
Qualcuno
dirà: non esageriamo, si trattava solo della presentazione di un numero della
rivista Italianieuropei.
Un evento di routine, ammantato di formalità e buona educazione. Vero: due
interventi, qualche riflessione, una foto di rito.
Ma, in politica, le presenze pesano più delle
parole. E quella foto non appartiene alla categoria dell’“ero passata di lì,
non potevo dire di no”. Segnala invece un campo, una compagnia, un modello di
leadership.
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Dopo settimane di critiche alla sua linea – dalle
perplessità di Prodi, che ha parlato di una sinistra che “volta le spalle al
Paese”, ai malumori dei moderati, fino allo sdegno provocato dalla parola
“patrimoniale”, che persino Giuseppe Conte considera eccessiva – Schlein
risponde con un messaggio politico nitido: i suoi “padri nobili” non sono
Prodi, né i riformisti del passato. Sono Landini e D’Alema.
Tradotto: non
intende cambiare linea. E la foto, più di qualunque dichiarazione, lo conferma.



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