“La misura dell’amore è amare senza misura”: una riflessione sulla ricerca del Bene e della Felicità




L’amore, la verità e la felicità: tre strade che per Agostino conducono alla stessa origine, quella profondità interiore dove l’uomo finalmente si ritrova.

di Gianfranco Blasi

«Ama e fa’ ciò che vuoi», scrive sant’Agostino.
Una frase così essenziale da farti quasi vacillare: se ami davvero, tutto ciò che farai sarà già giusto. Perché l’amore autentico è bussola che non tradisce, fuoco che illumina senza consumare, legge che non opprime ma libera.

E se «la misura dell’amore è amare senza misura», allora il cammino dell’amore non è un esercizio di calcolo, ma un lasciarsi travolgere dall’abbondanza del Bene.
Agostino non tratta l’amore come un semplice sentimento: è la forza che ordina il nostro universo interiore. Simone Weil, secoli dopo, lo dirà a modo suo: “L’amore è una forza più reale del potere.” Come se il mondo fosse retto da una architettura invisibile di gratuità.

 

Inquietudine e ritorno: la ricerca di Dio come ricerca di sé

«Tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te.»
È forse la frase più celebre di Agostino, ma anche la più attuale. L’inquietudine non è un difetto: è la spia luminosa che ci ricorda di essere fatti per qualcosa di più grande. È nostalgia dell’origine, fame di un centro che intuiamo ma non possediamo.

Per questo Agostino ci suggerisce:
«Non uscire fuori, rientra in te stesso: nell’interiorità dell’uomo abita la verità.»

Oggi, nel tempo di notifiche, rumori continui e distrazioni invasive, questa è quasi una rivoluzione. Non cercare fuori ciò che può essere trovato solo in profondità.

Rainer Maria Rilke sembrava sintonizzato su Agostino quando scriveva:
«La vera patria dell’uomo è l’infanzia del cuore.»
Quel luogo nudo, vulnerabile e autentico dove ricominciamo sempre da noi stessi. E – permettetemi – questa intuizione è semplicemente sbalorditiva.

 


La felicità come continuità del desiderio

«La felicità è continuare a desiderare ciò che si possiede.»
Qui Agostino anticipa, con incredibile modernità, ciò che il filosofo Gabriel Marcel dirà secoli dopo:
«La felicità non è possesso, ma presenza.»

La felicità non è avere qualcosa, ma saperla vedere. Rimanere desti, riconoscenti, abitare il già dato con occhi nuovi.
Chi sa desiderare ciò che ha trasforma la vita in un dono continuo.
Chi cerca sempre altro rischia di non incontrare mai nulla davvero.

Per questo Agostino afferma:
«Chi ha Dio ha tutto; chi ha tutto e non ha Dio, non ha nulla.»

Non è esclusivo: è inclusivo. “Dio” è il nome del senso, della profondità, della promessa che illumina i nostri beni finiti. È la direzione che permette a ogni passo di essere un passo vero. Dostoevskij lo diceva così:
«Senza un ideale davanti, l’uomo si spegne.»

 

Riscoprire Agostino al tempo di papa Leone XIV

Amare il mondo, tornando a casa

Amare senza misura. Cercare all’interno. Lasciarsi inquietare dal Bene.
Questa è, forse, la vera via agostiniana: non una via ascetica, ma radicalmente umana. Una via in cui desiderio e gratitudine camminano insieme.

Il messaggio, in fondo, è semplice e vertiginoso:
il cuore umano è fatto per un amore più grande di se stesso,
e proprio lì – nell’eccesso – trova pace.

Non è un caso che Papa Leone XIV richiami spesso Agostino, invitandoci ad “ascoltare con il cuore più che seguire i rumori del mondo”.

E allora sì: se ami davvero, puoi fare ciò che vuoi.
Perché ciò che vuoi sarà già – finalmente – il bene e la felicità.


"L'amore torna all'amore / ricomincia il canto / il suono dei tamburi / 
il vento ha smesso di soffiare / a spingerci è la passione / il dono di un tempo
nuovo / quello dell'amore" 


 

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