Referendum, le gaffe di Gratteri mettono in crisi il fronte del No


Nicola Gratteri. Le sue ultime uscite sono apparse discutibili


Le ultime scelte mediatiche del procuratore di Napoli hanno creato forte imbarazzo in un’Anm costretta a difendere l’indifendibile

di Gianfranco Blasi

Celebrato come il volto della crociata dell’Anm contro la separazione delle carriere, Nicola Gratteri oggi rischia di diventare il principale imbarazzo delle toghe. Le sue improvvide citazioni di Falcone — prima un’intervista mai esistita, poi parole travisate — non sono solo inciampi personali: sono il sintomo di una campagna referendaria costruita più sul carisma mediatico di un singolo che sulla solidità degli argomenti.

Gratteri si è scusato, ma la toppa non ha retto. A Quarta Repubblica è apparso nervoso, quasi infastidito dal dover chiarire ciò che avrebbe dovuto essere chiaro fin dall’inizio. E qui si apre la crepa: se crolla il “frontman”, crolla l’immagine dell’intero fronte del No, che sull’iper-esposizione del procuratore di Napoli ha puntato tutto per ribaltare sondaggi che restano sfavorevoli.

Invece di prendere le distanze, l’Anm ha scelto la strada opposta: foto ufficiale con Gratteri, comunicato di piena solidarietà e lodi al “contributo tecnico” del procuratore. Peccato che il “tecnico”, in questa vicenda, c’entri poco: la scelta dell’Anm è tutta politica. Una difesa corporativa travestita da tutela del dibattito pubblico.

Ed è qui che la posizione del No appare per quello che è: una trincea sempre più fragile. Le toghe temono che gli scivoloni di Gratteri diano ossigeno al Sì — che propone una separazione delle carriere chiara, moderna, finalmente in linea con i criteri di terzietà richiesti in qualsiasi democrazia matura. Temono che la credibilità incrinata del loro campione renda evidente quanto poco convincano gli argomenti contrari alla riforma.

“Dopo le scuse e i nervosismi in tv,

il frontman delle toghe trascina il No in una crisi profonda.

E il Sì alla separazione delle carriere si rafforza”

Dentro l’Anm trapela irritazione. Una toga del parlamentino confessa che “l’associazione doveva difenderlo: per anni Gratteri ci ha rinfacciato di non proteggerlo dagli attacchi in Calabria”. Un’altra, con un realismo quasi rassegnato, aggiunge: “Il Pd ci ha mollato, quindi dobbiamo tenerci Gratteri”. È questo il vero punto: la politica arretra, la magistratura resta sola e, per paura, stringe i ranghi attorno al proprio uomo-simbolo, anche quando sbaglia.

Ma questa difesa d’ufficio mostra tutta l’inconsistenza dell’impianto del No: se il perno della narrazione cede sulle citazioni di Falcone, come può convincere sulla natura “pericolosa” di una riforma che punta semplicemente a separare ruoli oggi confusi?


La magistratura non gode più di un consenso generalizzato
come ai tempi di "Mani pulite"


Non a caso qualcuno, dentro l’Anm, suggerisce di abbandonare slogan logori e appelli nostalgici: parlare al passato serve solo a nascondere che questa riforma — voluta da Nordio ma condivisa ormai trasversalmente — è un passo necessario. Un passo che mette fine all’ambiguità tra chi giudica e chi accusa, riducendo il potere opaco che ha permesso al correntismo di dominare per decenni.

Tra qualche giorno l’Anm si riunirà per ridefinire la linea comunicativa. Ma il problema non è la comunicazione: è la sostanza. È una battaglia che si regge su un portavoce indebolito e su un corporativismo che il Paese conosce fin troppo bene.


La soddisfazione di Nordio e Meloni
dopo l'approvazione della legge di riforma della giustizia


Le gaffe di Gratteri hanno solo accelerato ciò che era già evidente: la riforma va fatta, e il Sì è oggi l’unica scelta coerente per chi vuole una giustizia più chiara, più equilibrata e finalmente più credibile agli occhi dei cittadini.

 

 

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